Nel nostro percorso di riflessione e ricerca nell’ambito dei Green Festival di documentari di maggiore impatto ci ha aiutato anche Stefano Martone, regista del pluripremiato documentario “Lucciole per lanterne” (distribuito da Berta Film) che, offrendoci la sua esperienza, ci ha guidato alla scoperta di altri Festival particolarmente interessanti e ha evidenziato quali risultati concreti abbia portato il suo film e una accurata strategia distributiva.
Il tuo film “Lucciole per lanterne” ha partecipato a molti Green Festival, riscuotendo un gran successo di pubblico e di critica. Quali di quelli a cui hai partecipato sono stati più importanti per il tuo film? Perchè?
“Lucciole per lanterne” in un anno e mezzo è stato visto in più di 70 festival in 25 paesi del mondo. Oltre a festival di documentari senza una tematica specifica, abbiamo partecipato a festival focalizzati sui diritti umani, sui temi indigeni e sugli aspetti etnografici.
Ma il nostro documentario parla soprattutto di acqua, che in Cile è completamente privatizzata dai tempi della dittatura militare e di proprietà di imprese multinazionali. E’ un tema universale e di grande attualità, è naturale che fossero i Green Festival a prestare particolare attenzione al nostro lavoro. Sono circa 20 i festival ambientali che hanno ospitato il nostro film.
Il primo al quale abbiamo partecipato, a cui dobbiamo molto, è il CinemAmbiente di Torino, certamente il più importante del genere in Italia. CinemAmbiente è il membro fondatore del Green Film Network, il circuito che raggruppa i più importanti festival ambientali del mondo, che dà la possibilità di raggiungere un vasto pubblico a film che altrimenti avrebbero una diffusione di nicchia. I festival collaborano, si confrontano ed assicurano una buona visibilità ai più importanti film dell’anno.
Il nostro film è stato presentato, in anteprima nazionale, al Fife a Parigi, al Cine’Eco in Portogallo, al Cinema Planeta in Messico, all’Ecozine Film Festival di Saragozza, che ha un’attenzione particolare al tema dell’acqua, all’INNF di Innsbruck e al Pelicam in Romania, tutti festival che appartengono al Green Film Network.
Quanto, in termini di visibilità e successo, ha ottenuto il tuo documentario partecipando a questi Festival?
Direi che il successo di un film nel complesso non si misura in questo genere di Festival. Si tratta di manifestazioni che, per quanto importanti e ben organizzate, non danno una visibilità paragonabile ai grandi Festival di documentario o di film in genere. Sono altre le realtà che rendono un film di successo, assicurando o almeno favorendo, una buona distribuzione futura.
Partendo dal presupposto che i Festival a tematica ambientale si prefiggono lo scopo di sensibilizzare la società, attraverso pellicole di registi che hanno scelto di mostrare vari aspetti delle problematiche sociali e ambientali, ritieni che il tuo documentario e i Festival a cui hai partecipato siano riusciti a influenzare l’opinione pubblica in merito al tema da te trattato?
Prima di tutto una considerazione generale. E’ sempre difficile capire quanto un film di questo tipo influenzi realmente “l’opinione pubblica”. Ovviamente questa possibilità esiste ed è tanto più alta quanto maggiore è la visibilità del film. Un singolo passaggio televisivo, in qualsiasi paese, raggiunge certamente un pubblico più numeroso di qualsiasi festival e, in quest’ottica, è certamente più importante. Tuttavia, chi frequenta un festival di cinema ambientale ha una sensibilità ed un attenzione particolare per i temi trattati. Un singolo sguardo attento ed impegnato può incidere molto di più che decine di sguardi superficiali. Per questo abbiamo scelto inizialmente di dare visibilità al nostro lavoro soprattutto attraverso i circuiti dei festival, anche se diffondere un film in questo modo è impegnativo, faticoso e poco gratificante dal punto di vista economico.
Per quanto riguarda in particolare il nostro documentario, in “Lucciole per lanterne” si mostrano le conseguenze sociali ed ambientali di un grande e controverso progetto idroelettrico nella Patagonia Cilena, nel quale è coinvolta anche un’impresa italiana. Negli anni in cui abbiamo svolto i sopralluoghi e girato il film, i rapporti di forza tra le multinazionali e i movimenti di cittadini che vi si opponevano erano tali da lasciar immaginare con ragionevole certezza che il progetto si sarebbe realizzato. Alcuni mesi fa, quando il nostro film era ormai finito, il progetto in questione è stato invece definitivamente respinto dal governo cileno.
Si è trattato di una straordinaria vittoria dei movimenti sociali che hanno lottato contro il mega progetto nell’ultimo decennio. Ci piace pensare, restando in tema di acqua, che “Lucciole per lanterne” abbia rappresentato una piccola goccia limpida nell’oceano di questa battaglia.
Quali Green Festival consideri particolarmente importanti per un regista che realizza documentari su temi ambientali e sotto quali aspetti li consideri tali?
Per la mia esperienza personale considero un punto di riferimento per il settore, tra i festival che ho già citato, il CinemaAmbiente ed il Festival International du Film d’Environnement di Parigi. A questi aggiungerei certamente il Planet in Focus di Toronto. Inoltre, ogni tre anni si svolge, in una città sempre diversa l’International Water and Film Events, un appuntamento che dà visibilità ai migliori film sul tema dell’acqua.
Alcuni festival internazionali di reportage o di attualità hanno poi un’attenzione particolare ai temi ambientali, ma tutto dipende dal particolare taglio che il regista ha dato al proprio film. I film a tematica ambientale, almeno quelli che io considero più validi, sollevano profonde questioni sociali ed economiche. Partecipare ai Green Festival è fondamentale per entrare in contatto con realtà che conoscono le problematiche ambientali e con specialisti che lavorano in questo campo, oltre che per confrontarsi con altri registi sensibili a questi temi. Credo però che sia importante non limitarsi a questi Festival, soprattutto in un periodo in cui il cinema del reale si afferma anche in festival non dedicati al solo documentario.
di Valeria Alberti e Stefano Mutolo